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Tutta la storia della Mostra del Cinema di Venezia

Tutta la storia della Mostra del Cinema di Venezia

Star, vip, eventi, feste, divi, ovviamente film, presentazioni, novità, red carpet, gossip e molto altro ancora. Ma conoscete la vera storia della Mostra del Cinema di Venezia?

La Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica è il festival di cinema più antico del mondo e uno tra i più prestigiosi. Realizzata per la prima volta nel 1932, da un’idea dell’allora Presidente della Biennale Giuseppe Volpi, dello scultore Antonio Maraini e di Luciano de Feo, la Mostra raccolse subito una grande popolarità, tanto da diventare un appuntamento annuale già dal 1935. Il festival è oggi una manifestazione cinematografica di grande prestigio che ogni anno presenta un cartellone con opere di caratura mondiale, portando inoltre sul tappeto rosso del Lido di Venezia alcuni tra i registi e gli interpreti più affermati del nostro tempo, conservando così la tradizione che aggiunge a un programma di elevato valore artistico il fascino glamour che da sempre ha contraddistinto la manifestazione.

Gli anni Trenta

La prima Esposizione Internazionale d’Arte Cinematografica (dal 6 al 21 agosto 1932) nasce nell’ambito della XVIII Biennale di Venezia, sotto gli auspici del Conte Giuseppe Volpi di Misurata, Presidente della Biennale, dello scultore Antonio Maraini, Segretario Generale, e di Luciano De Feo, Segretario Generale dell’Istituto internazionale per il cinema educativo, con sede a Roma. Di fatto Luciano De Feo fu il primo direttore-selezionatore.

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Le massime autorità nazionali danno il loro beneplacito a quella che viene giustamente considerata la prima manifestazione internazionale di questo tipo. L’edizione 1932 si svolge interamente nella terrazza dell’Hotel Excelsior al Lido di Venezia, e pur non essendo ancora una rassegna competitiva, presenta titoli importanti che diventeranno poi classici della storia del cinema: It happened one night di Frank Capra, Grand Hotel di Edmund Goulding, The Champ di King Vidor, Frankenstein di James Whale, Zemlja di Aleksandr Dovzenko, Gli uomini che mascalzoni… di Mario Camerini, A nous la liberté di René Clair. Fra gli altri registi figurano nomi di primissimo piano: Raoul Walsh, Ernst Lubitsch, Nikolaj Ekk, Howard Hawks, George Fitzmaurice, Maurice Tourner, Anatol Litvak. Sullo schermo appaiono i principali divi dell’epoca, da Greta Garbo a Clark Gable, da Fredric March a Wallace Beery, da Norma Shearer a James Cagney, da Ronald Colman a Loretta Young, da John Barrymore a Joan Crawford, fino al divo italiano Vittorio De Sica, capaci di attirare oltre 25 mila spettatori.

Il primo film proiettato nella storia della Mostra, che appare sullo schermo alle 21.15 del 6 agosto 1932, è Dr. Jekyll and Mr. Hyde di Rouben Mamoulian. Alla proiezione del film, come riferì ‘La Gazzetta di Venezia’, seguì un grande ballo nei saloni dell’Excelsior, in un “viavai pittoresco delle toilettes più squisite”. In mancanza di premi ufficiali viene indetto un referendum tra il pubblico: miglior regista è il sovietico Nikolaj Ekk per Putjovka v zizn (Il cammino verso la vita), il film più divertente è A nous la liberté di René Clair.

La seconda edizione si svolge dal 1° al 20 agosto 1934 e si tratta della prima rassegna competitiva. Le nazioni sono già 19 e i giornalisti accreditati più di 300. Viene istituita la “Coppa Mussolini” per premiare il miglior film straniero e il miglior film italiano; non esiste però una vera e propria giuria. I premi vengono attribuiti dalla Presidenza della Biennale, sentiti i pareri di esperti e del pubblico, e in accordo con l’ “Istituto Internazionale per la Cinematografia Educativa”, emanazione della Società delle Nazioni con sede a Roma. Vengono assegnate anche le “Grandi Medaglie d’Oro dell’Associazione Nazionale Fascista dello Spettacolo” per le migliori interpretazioni, e quella per la migliore attrice viene vinta da una giovane Katharine Hepburn per la sua interpretazione in Little Women di Cukor. Il premio per il miglior film straniero, che va a The Man of Aran di Flaherty, sanziona il gusto dell’epoca per il documentario d’autore. Questo però è anche l’anno del primo scandalo della Mostra, a causa di una sequenza del film cecoslovacco Extase di Gustav Machatý in cui l’attrice Hedy Kieslerová (che si chiamerà in seguito Hedy Lamarr) appare completamente nuda.

Dal 1935 la Mostra diventa annuale (segno evidente del successo internazionale della manifestazione) sotto la direzione di Ottavio Croze. Cresce il numero di film e dei paesi partecipanti (anche se da questa edizione fino al dopoguerra non parteciperanno più i film sovietici), e il premio agli attori assume la denominazione di Coppa Volpi. È un anno di film importanti, come ad esempio The Informer (Il traditore) di John Ford, The Devil is a Woman(Capriccio spagnolo) di Joseph von Sternberg con Marlene Dietrich, e Anna Karenina di Clarence Brown (vincitore per il miglior film straniero) con Greta Garbo.

Nel 1936 viene nominata per la prima volta la Giuria internazionale, si consolida la presenza al Lido di film di registi importanti come Ophüls, Clair, Capra, Ford, Sternberg L’Herbier, mentre grande popolarità è ottenuta dal divo italiano Amedeo Nazzari.

Nel 1937 viene inaugurato il nuovo Palazzo del Cinema (architetto Luigi Quagliata), costruito a tempo di record secondo le tendenze moderniste dell’epoca, e tranne che negli anni dal 1940 al 1948 mai più abbandonato. La Mostra così si ingrandisce: aumenta il numero delle nazioni partecipanti e dei film accettati. È l’anno di Marlene Dietrich che arriva a Venezia e porta scompiglio al Lido, ma anche di Bette Davis, che vince il premio come migliore attrice, e di Jean Gabin che si rivela ne La grande illusion.

Il 1938 segna il momento in cui le pressioni politiche si fanno più pesanti: vincono il tedesco Olympia di Leni Riefenstahl e Luciano Serra pilota di Goffredo Alessandrini, entrambi, al di là delle qualità estetiche, espliciti film di propaganda. È anche l’ultimo anno in cui alla Mostra è presente il cinema americano (che otterrà un premio per Snow White and the Seven Dwarfs di Walt Disney), che fino a quell’edizione aveva partecipato in maniera quantitativamente e qualitativamente molto elevata.

Nel 1938 però viene anche organizzata una prima grande retrospettiva, che in quell’occasione è dedicata al cinema francese dal 1891 al 1933, dando modo di mostrare in maniera organica l’altra grande cinematografia presente in quelle prime edizioni della Mostra. Tra tutti i film stranieri, la cui selezione spetterà fino al 1956 ai rispettivi paesi, il cinema francese negli anni ’30 è quello capace di offire autentici capolavori, da A nous la liberté (1932) di René Clair a Un carnet de bal (1937) di Duvivier, da La grande illusion(1937) e La bête humaine (1939) di Renoir a Quai des brumes (1938) e Le jour se lève (1939) di Marcel Carné.

Anni ’40

Gli anni ’40, per la Mostra del Cinema, si possono suddividere in due periodi, con la conclusione della Guerra a fare da spartiacque. Le edizioni del 1940, 1941 e 1942, che in seguito si considerarono come non avvenute, si svolsero lontano dal Lido e videro la partecipazione di pochi paesi, con predominio di quelli dell’Asse, rappresentati dai divi di casa nostra, tra cui si misero in luce Alida Valli, Assia Noris e Fosco Giachetti.

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Dopo la pausa bellica, la Mostra riprende nel 1946 con le proiezioni al cinema San Marco (il Palazzo del cinema è requisito dagli Alleati) sotto la direzione di Elio Zorzi, cercando di recuperare quella dimensione di libertà e di internazionalità messa da parte negli anni della guerra. In questi anni trovano spazio, tra gli altri, molti importanti film del neorealismo italiano: Paisà (1946) di Roberto Rossellini, Il sole sorge ancora (1946) di Aldo Vergano, Caccia tragica (1947) di Giuseppe De Santis, Senza pietà di Alberto Lattuada (1948), La terra trema (1948) di Luchino Visconti, che però non ottengono il meritato riconoscimento di critica. Ma in questi anni partecipano anche grandi registi internazionali come Laurence Olivier, Fritz Lang, John Huston, Claude Autant-Lara, David Lean, Henri-Georges Clouzot, Orson Welles, Jean Cocteau, Michael Powell ed Emeric Pressburger, oltre ai già riconosciuti Renoir, Duvivier, Ford, Carné, e la Mostra torna ad attirare i grandi divi come Rita Hayworth, Joseph Cotten, Olivia de Havilland, oltre che a sancire la bravura di Anna Magnani (premiata con la Coppa Volpi per la migliore attrice nel 1947 per L’Onorevole Angelina di Luigi Zampa).

L’edizione del 1946, dati gli accordi con Cannes, che aveva tenuto nella primavera dello stesso anno il suo primo festival, si organizzò a settembre con una semplice rassegna transitoria. Quella del 1947 si tiene nella splendida cornice del cortile di Palazzo Ducale, con un pubblico record di 90.000 presenze. Fu una delle migliori edizioni, che vide tra l’altro il ritorno a Venezia dell’Urss e delle nuove “democrazie popolari”, tra cui la Cecoslovacchia, che vinse il primo premio per Siréna di Karel Stekly.

In quell’anno viene anche ripristinata la Giuria internazionale, per assegnare il Gran premio internazionale di Venezia. Nel 1949, con la direzione di Antonio Petrucci, la manifestazione ritorna definitivamente al Palazzo del Cinema al Lido, e viene istituito il premio Leone di San Marco per il miglior film, vinto da Manon di Henri-Georges Clouzot, mentre, sempre per quel che riguarda il cinema francese, appare Jour de fête(Giorno di festa), film d’esordio di Jacques Tati.

Anni ’50

Negli anni Cinquanta la Mostra conosce un periodo di espansione internazionale, con l’affermazione di nuove cinematografie (la giapponese, l’indiana) e con l’arrivo dei più grandi registi e dei divi. Nella carica di direttore della Mostra si succedono i nomi di Antonio Petrucci (dal 1949 al 1953), Ottavio Croze (1954 e 1955) e Floris Ammannati (dal 1956 al 1959).

L’influenza che la Mostra negli anni ha esercitato nella storia del cinema mondiale è davvero notevole. Il cinema giapponese si fa conoscere in Occidente grazie soprattutto al Leone d’oro assegnato nel 1951 a Rashômon di Akira Kurosawa, e successivamente grazie al Leone d’oro a Muhomatsu No Isshô (L’uomo del risciò, 1958) di Iroshi Inagaki, ai Leoni d’argento a Ugetsu Monogatari (I racconti della luna pallida d’agosto, 1953), Sanshô dayû(1954) di Kenji Mizoguchi e Shichinin no samurai (I sette samurai) di Akira Kurosawa, e alla presenza di film come Saichaku ichidai onna (La vita di O Haru donna galante, 1952) di Kenji Mizoguchi e Biruma no Tategoto (L’Arpa birmana) (1956) di Kon Ichikawa. Lo stesso accade per il cinema indiano, Leone d’oro nel 1957 con Aparajito(L’invitto) di Satyajit Ray. Il cinema dell’Est europeo (che aveva già ricevuto un riconoscimento con il Gran premio ottenuto nel 1947 dal film cecoslovacco Siréna di Karel Stekly) si impone all’attenzione grazie alla presenza di autori emergenti come Andrzej Wajda (Kanal – I dannati di Varsavia, 1957); (Popiól i diament – Cenere e diamanti, 1959) e Andrzej Munk (Eroica, 1958).

Dopo l’arrivo alla Mostra dei primi film neorealisti, negli anni ’50 due dei massimi autori italiani del dopoguerra, Federico Fellini e Michelangelo Antonioni, ottengono un’affermazione definitiva a Venezia, mentre cominciano ad affacciarsi nel panorama nazionale giovani registi come Francesco Rosi (La sfida, 1958) e Ermanno Olmi (Il tempo si è fermato, 1959). Per il cinema italiano questi sono anche anni di accese polemiche, in particolare per i Leoni d’oro non assegnati a Luchino Visconti nel 1954 per Senso (a favore del film di Renato Castellani Romeo e Giulietta), e nel 1960 per Rocco e i suoi fratelli (Visconti otterrà il massimo riconoscimento solo nel 1964 con Vaghe stelle dell’Orsa). Anche Roberto Rossellini presenta molti dei suoi film a Venezia, basti ricordare Francesco giullare di Dio (1950), Stromboli (1950), ed Europa ’51 (1952).

Per il resto sono molti i riconoscimenti per il cinema europeo, sia per autori già affermati come Carl Theodor Dreyer (vincitore del Leone d’oro con Ordet nel 1955) e Ingmar Bergman (vincitore con Il volto del Premio Speciale della Giuria nel 1959, dopo essere stato già presente, ancora sconosciuto, alla Mostra del 1948 con Musik i mörker – Musica nel buio), sia per i nuovi autori, in particolare del cinema francese (Robert Bresson, che si rivela nel 1951 con Journal d’un curé de campagne, Louis Malle, vincitore del Premio Speciale con Les amants, film scandalo dell’edizione 1958, e Claude Chabrol, presente nel 1958 con Le beau Serge, il film considerato dai critici successivi come iniziatore della nouvelle vague). Ma sono anche anni in cui passano alla Mostra nuovi registi del cinema americanocome Elia Kazan, Billy Wilder, Samuel Fuller e Robert Aldrich.

Si affermano e hanno visibilità al Lido nuovi divi come Marlon Brando (in On the waterfront – Fronte del porto di Elia Kazan, 1954) e Brigitte Bardot (in En cas de malheur – La ragazza del peccato di Claude Autant-Lara, 1958), ma sono molti i divi e le dive italiane: su tutte Gina Lollobrigida e Sophia Loren (Coppa Volpi nel 1958 per l’interpretazione in The Black Orchid – Orchidea nera di Martin Ritt), ma anche Alberto Sordi, Vittorio Gassman, Silvana Mangano (presenti, tra gli altri film, ne La grande guerra di Mario Monicelli, premiato con il Leone d’oro nel 1959) e Giulietta Masina (lanciata dai film di Federico Fellini).

Anni ’60

Negli anni Sessanta la Mostra proseguì e si ampliò, potenziando quel progetto di respiro internazionale che aveva avviato col dopoguerra. L’edizione del 1960 rimane negli annali come la più contestata in assoluto: Visconti subì un’altra sconfitta con un capolavoro straordinario come Rocco e i suoi fratelli, a scapito di un anonimo film del francese André Cayatte, ma il pubblico fischiò a lungo il verdetto durante la serata di premiazione.

Nei primi anni ’60 la Mostra seppe porsi come vetrina di un reale rinnovamento del cinema. Nelle varie sezioni passarono importanti film del free cinema inglese (Saturday Night, Sunday Morning – Sabato sera, domenica mattina di Karel Reisz, 1961, A Taste of Honey – Sapore di miele di Tony Richardson, 1962, Billy Liar – Billy il bugiardo di John Schlesinger, 1963), trovò consacrazione la nouvelle vague francese (sono presenti i film di Resnais e Godard) e si misero in evidenza i giovani autori italiani che esordivano in quegli anni (Pasolini, Bertolucci, i fratelli Taviani, De Seta, Zurlini, Ferreri, Vancini, Bellocchio, Montaldo, Brass) o che si confermavano dopo gli esordi degli anni ’50 (come Rosi, Olmi e Pontecorvo). Dopo le controversie del 1960, i Leoni successivi furono attendibili e non senza coraggio: L’année dernière à Marienbad (L’anno scorso a Marienbad) di Alain Resnais nel 1961 e l’accoppiata Zurlini-Tarkovsky, vincitori nel 1962 del Leone d’oro ex aequo con Cronaca familiare e Ivanovo detsvo (L’infanzia di Ivan).

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Dal 1963 cominciò l’era di Luigi Chiarini, il “professore”, che fino all’edizione del 1968 rinnovò lo spirito e le strutture della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica. Un direttore coerente e autorevole che per sei anni organizzò le sue rassegne cinematografiche seguendo rigorosi criteri estetici nella scelta dei film e opponendosi alla mondanità, alle pressioni politiche e alle ingerenze dell’industria cinematografica.

Chiarini seppe abilmente mettere a confronto le opere dei maestri con quelle dei giovani emergenti: Godard e Dreyer, Bergman e Penn, Pasolini e Bresson, Kurosawa e Polanski, Truffaut e Rossellini, Losey e Forman, e ancora Carmelo Bene, Cassavetes, Resnais, Buñuel (Leone d’oro con Belle de jour – Bella di giorno, nel 1967). In generale è un periodo fortemente caratterizzato dal cinema italiano, capace di portare alla ribalta nuovi divi come Claudia Cardinale, Marcello Mastroianni, Monica Vitti, e di vincere per quattro volte consecutive il premio più prestigioso (1963, Le mani sulla città di Rosi; 1964, Il deserto rosso di Antonioni; 1965, Vaghe stelle dell’Orsa di Visconti; 1966, La battaglia di Algeri di Pontecorvo), fino all’ultimo Leone, quello del 1968, assegnato a Die Artisten in der Zirkuskuppel: ratlos di Alexander Kluge, che segna l’apertura al Neuer deutscher Film.

La Mostra, retta ancora (come del resto la Biennale) da uno statuto di epoca fascista, non poté sottrarsi al generale clima politico. Il Sessantotto creò una frattura drammatica con il passato e anche la Mostra subì dure contestazioni. Dal 1969 al 1979 le edizioni furono non competitive. I Leoni tornarono alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica nel 1980.

Anni ’70

Nel ’68, per effetto della contestazione, si abolì il conferimento dei premi. Dal 1969 al 1979 si tennero edizioni della Mostra non competitive (le prime due dirette da Ernesto G. Laura, le successive da Gian Luigi Rondi e Giacomo Gambetti) e furono introdotte numerose sezioni collaterali. Nel 1971 John Ford e, l’anno successivo, Charlie Chaplin ricevettero i primi Leoni d’oro alla carriera assegnati dalla Mostra. Il 1971 fu anche l’anno in cui il pubblico della Mostra poté assistere per la prima volta alla proiezione di un film documentario cinese: Hung sik laung dje ching(Il distaccamento femminile rosso).

Nel 1972 l’Anac e l’Aaci organizzarono nel centro storico di Venezia le Giornate del cinema italiano, in aperto contrasto con la Mostra. L’anno successivo Rondi diede le dimissioni e, poiché lo statuto era ancora fermo in Parlamento, la Mostra “saltò”, come tutte le altre manifestazioni della Biennale. Gli autori italiani ne approfittarono per organizzare la seconda edizione delle Giornate.

Dal 1974 al 1976, sotto la direzione di Giacomo Gambetti, si tentò la strada di una Mostra “diversa”, con “proposte di nuovi film”, omaggi, retrospettive, convegni, mantenendo delle proiezioni decentrate a Venezia. Nel 1977 si svolse una manifestazione sul cinema dell’Europa dell’Est, che si integrò nel progetto della Biennale sul “dissenso culturale”. Nel 1978 la Mostra non ebbe luogo.

Ad ogni modo, nonostante le difficoltà e il periodo negativo, in queste edizioni passano a Venezia molti film indicativi del rinnovamento del cinema negli anni ’70, tra cui si possono ricordare The Devils (I diavoli) di Ken Russell (1971), Sunday Bloody Sunday (Domenica, maledetta domenica) di John Schlesinger (1971), Warnung vor einer heiligen Nutte(Attenzione alla puttana santa) di Rainer Werner Fassbinder (1971), Brewster McCloud (Anche gli uccelli uccidono) di Robert Altman (1971), A Clockwork Orange (Arancia meccanica) di Stanley Kubrick (1972), Die Angst des Tormannes beim Elfmeter (Prima del calcio di rigore) di Wim Wenders (1972), Badlands (La rabbia giovane) di Terrence Malick (1975), Novecento di Bernardo Bertolucci (1976), La dernière femme (L’ultima donna) di Marco Ferreri (1976).

Fu l’edizione del 1979 a segnare una svolta e ad avviare il rilancio della Mostra: merito del nuovo direttore Carlo Lizzani, che in questa edizione gettò le basi per quel recupero di prestigio e autorevolezza realizzato nel decennio successivo. Il regista ripristinò la vecchia Mostra anche nel nome, chiamandola più sobriamente Mostra Internazionale del Cinema, anziché Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica. Constatò che il mondo si attendeva ancora qualcosa da Venezia e chiamò a far parte del comitato degli esperti Roberto Escobar, Giovanni Grazzini, Alberto Moravia, Enzo Scotto Lavina e Paolo Valmarana. Scelse per collaboratore Enzo Ungari, che portò al Lido un po’ dello spirito di Massenzio. Lizzani convocò quanti più attori di prestigio poté per farli discutere sul tema “Gli anni Ottanta del cinema”, dando così il via al dibattito sul cinema e le nuove tecnologie, che proprio in quegli anni cominciò a occupare e a preoccupare il mondo della celluloide.

Anni ’80

È Carlo Lizzani, direttore dal 1979 al 1982, a ridare prestigio internazionale alla Mostra, affiancando ai film in concorso retrospettive importanti, sezioni dedicate alla ricerca (“Officina”) e soprattutto la nuova sezione Mezzogiorno-Mezzanotte, dedicata a film spettacolari: Raiders of the Lost Ark (1981) ed E.T. (1982) di Spielberg, oltre a The Empire Strikes Back (L’Impero colpisce ancora) di Kershner (1980), Heaven’s Gate (I cancelli del cielo) di Cimino (1982), Poltergeist di Tobe Hooper (1982), riedizioni (VertigoFemmina folle) o film eccentrici, ideata dal grande critico scomparso Enzo Ungari. Una formula, quella inaugurata dal duo Lizzani-Ungari, che si imporrà a lungo come modello di festival nel mondo.

Nel 1980 viene ripristinato il Leone d’Oro, con un premio ex aequo a Louis Malle (Atlantic City) e John Cassavetes (Gloria). Venezia, in questi anni, contribuisce all’affermazione nel mondo del nuovo cinema tedesco: Margarethe Von Trotta, prima donna Leone d’oro nel 1981 con Die bleierne Zeit – Anni di piombo, e Wim Wenders nel 1982 con Der Stand der Dinge – Lo stato delle cose, ricevono i massimi riconoscimenti alla Mostra; Rainer Werner Fassbinder ottiene un grande successo per la proiezione a puntate di Berlin Alexanderplatz (1980), mentre il controverso Querelle de Brest, presentato nell’82 pochi mesi dopo la scomparsa del regista, non ottiene il Leone d’oro, spaccando la giuria.

A testimonianza del momento d’oro vissuto dalla Mostra, anche altri registi ottengono per la prima volta a Venezia una visibilità che manterranno negli anni a venire, come ad esempio Emir Kusturica (che vince nel 1981 il Leone d’oro per la migliore opera prima con Sjecas li se, Dolly Bell – Ti ricordi di Dolly Bell?) e Peter Greenaway, che presenta nel 1982 The Draughtsman’s Contract (Il mistero dei giardini di Compton House), film che lo fa conoscere al grande pubblico. La Mostra contribuisce anche al ricambio del cinema italiano, proponendo film di registi come Nanni Moretti, Gianni Amelio, Marco Tullio Giordana, Franco Piavoli, Paolo Benvenuti.

Il nuovo corso si consolida nel 1983, sotto la direzione di Gian Luigi Rondi, che rientra da trionfatore dopo le dimissioni del 1972. Rondi, ricco di relazioni ed esperienza, organizza in poco tempo una Mostra monstre e la lancia con lo slogan “Mostra degli autori, per gli autori”. Si riprende la numerazione, si pongono le premesse per una maggiore organizzazione della Mostra e si istituzionalizzano le sezioni, dando spazio ai maestri del cinema di ieri e di oggi. Perché tutto sia in armonia con il suo disegno, Rondi compone una giuria di soli autori, tutti emersi nei favolosi anni Sessanta, facendola presiedere da Bernardo Bertolucci.

Nell’83 vince Godard con Prénom Carmen, nell’84 Zanussi con Rok spokojnego slonca (L’anno del sole quieto), nell’85 Agnes Varda con Sans toit ni loi, nell’86 Rohmer con Le rayon vert. Oltre ai film premiati, a Venezia in questi anni passano anche Zelig di Woody Allen (1983), E la nave va di Federico Fellini (1983), Blade Runner di Ridley Scott (1983), C’era una volta in America di Sergio Leone (1984), Heimat di Edgar Reitz (1985). Nel 1984 nasce la SIC, Settimana Internazionale della Critica, gestita autonomamente dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani, e dedicata a opere prime e seconde.

Guglielmo Biraghi, scrittore, per anni critico cinematografico del “Messaggero” di Roma e direttore del Festival di Taormina, diventa nel 1987 il 14° direttore della Mostra. Grande appassionato di viaggi, perfetto conoscitore di numerose lingue straniere, Biraghi (scomparso nel 2001) si distingue nel suo mandato (che si protrae per cinque edizioni fino al 1991) per il gusto della ricerca e della scoperta di autori e cinematografie inusuali. Già nella prima edizione della sua Mostra, Biraghi allineava in concorso un film indiano, uno libanese, uno svizzero, uno norvegese, uno coreano e uno turco. Nel 1989 Biraghi presenta O Recado das Ilhas di Ruy Duarte de Carvalho, primo film dell’isola di Capo Verde a un festival internazionale.

Ordinata, con un programma snello (Concorso, Settimana della critica, Omaggio a Mankiewicz), apprezzata dagli addetti ai lavori (la nomina di Biraghi era stata molto sostenuta dal Sindacato Critici), la prima Mostra di Biraghi premia un veterano dei festival come Louis Malle (Au revoir les enfants), scopre registi come Carlo Mazzacurati nella Settimana della critica (Notte italiana) e David Mamet (che presenta il suo primo lungometraggio The House of Games), senza rinunciare ai film importanti presentati fuori concorso, tra cui The Untouchables di Brian De Palma e The Deaddi John Huston. Gran clamore intorno all’ “esperimento” di Giulia e Giulia, un film di Peter Del Monte prodotto dalla Rai, girato con telecamere ad alta definizione, che però non incontra sul piano critico i favori della stampa.

Nell’88 Biraghi arricchisce il programma con le sezioni Orizzonti, Notte e con gli Eventi Speciali, tra i quali figura il film The Last Temptation of Christ di Martin Scorsese. Il film solleva grandi polemiche nel mondo religioso, in America e quindi in Italia, prima della sua proiezione a Venezia, ma viene visto regolarmente in un Palazzo del Cinema controllato come un bunker, e Scorsese presenta le ragioni artistiche della sua scelta in un’affollata ma ordinata conferenza stampa. Ma l’edizione del 1988 scopre anche il talento di Pedro Almodovar (Mujeres al borde de un ataque de nervios) e presenta un successo comico internazionale come A Fish Called Wanda (Un pesce di nome Wanda), oltre a Who Framed Roger Rabbit? (Chi ha incastrato Roger Rabbit?) di Zemeckis. Nella Settimana della critica si mette in evidenza Mike Leigh con High Hopes, mentre il Leone d’oro viene vinto da La leggenda del santo bevitore di Olmi. Il 1989 è invece l’anno del polacco Kieslowski e dei suoi Dieci comandamenti, proiettati uno al giorno, che polarizzano al Lido l’interesse di stampa e pubblico. Protagonista di quell’edizione, insieme a Kieslowski, è Nanni Moretti con il discusso Palombella rossa, escluso dalla Mostra e inserito nella Settimana della critica; grande successo riscuote anche il terzo capitolo della saga di Indiana Jones (Indiana Jones and the Last Crusade di Spielberg). Il Leone d’oro assegnato al film di Taiwan Beiqing chengshi (Città dolente) di Hou Xiaoxian allarga lo sguardo sul cinema asiatico meno conosciuto, preannunciando un’attenzione da parte della Mostra che si prolungherà per tutto il decennio successivo

Anni ’90

Nel 1990 la giuria, presieduta da Gore Vidal, assegna il Leone d’oro a Rosencrantz and Guildestern Are Dead di Tom Stoppard, preferendolo al visionario talento emergente di Jane Campion. Questo giudizio controverso suscita polemiche tra pubblico e addetti ai lavori tanto da ricordare subito gli anni ’50, in cui le giurie sembravano ignorare i film di Visconti. An Angel at my Tableottiene solo il Gran Premio della giuria. Anche la sorpresa dell’anno seguente, Lanterne rosse del cinese Zhang Yimou, non riesce a ottenere il Leone d’oro (gli viene preferito Urga di Michalkov), ma le ultime edizioni dirette da Biraghi si caratterizzano comunque per la varietà della selezione e per l’inserimento di giovani talenti americani come Spike Lee e Gus Van Sant, accanto ad autori consolidati e riconosciuti come Scorsese (presente nel 1990 con Goodfellas) e Godard (presente nel 1991 con Allemagne 90 neuf zéro).

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Il regista Gillo Pontecorvo (nominato Curatore nel 1992 e poi in carica come Direttore fino al 1996) si presenta con tre parole d’ordine: fare di Venezia la capitale degli autori cinematografici, riportare “fisicamente” al Lido i grandi registi e divi del cinema, rivitalizzare con la presenza dei giovani la zona del Palazzo del Cinema. Pontecorvo riuscirà nei suoi intenti con una serie notevole di eventi e iniziative. Negli anni del suo mandato si tengono a Venezia le “Assise degli autori” (1993), si organizzano numerosi convegni, viene fondata l’U.M.A.C. (Unione mondiale degli autori). Con i film spettacolari della sezione Notte sbarcano al Lido “stelle” del firmamento divistico americano come Jack Nicholson, Harrison Ford, Bruce Willis, Kevin Costner, Mel Gibson, Nicole Kidman, Tom Hanks, Denzel Washington, e Leoni d’oro alla carriera come Dustin Hoffman, Al Pacino, Robert De Niro, Francis Ford Coppola (nell’edizione del 1992, insieme a Paolo Villaggio primo Leone “comico” di Venezia). Il Lido viene effettivamente rivitalizzato, negli anni di Pontecorvo, grazie ai concerti rock organizzati nel piazzale antistante il Casinò, e grazie all’iniziativa di “CinemAvvenire”, che invita alla Mostra studenti delle scuole superiori, autori di temi sul cinema.

Tra i film e gli autori lanciati nel periodo di Pontecorvo, vanno ricordati i giovani italiani Mario Martone (Morte di un matematico napoletano), Aurelio Grimaldi (La discesa di Aclà a Floristella), Carlo Carlei (La corsa dell’innocente), Paolo Virzì (La bella vita), e poi Peter Jackson (Heavenly Creatures e The Frighteners), Sally Potter (Orlando), Neil Jordan (The Crying Game), Julian Schnabel (Basquiat). Negli anni seguenti sfilano al Lido autori e opere come Altman (Short Cuts, Leone d’oro) e Abel Ferrara (The Funeral), De Heer (Bad boy Bubby) e Radford (Il postino), Milcho Manchevski (Before the Rain, Leone d’oro) e Lee Tamahori (Once were warriors), Kathryn Bigelow (Strange Days), Gregg Araki e nuovamente Jane Campion (Portrait of a Lady).

I riconoscimenti per il cinema orientale si moltiplicano in questi anni con i Leoni d’oro a La storia di Qui Ju di Zhang Yimou nel 1992, a Vive l’amour di Tsai Ming Liang nel 1994 e a Cyclo di Anh Hung Tran nel 1995. In evidenza i nuovi talenti del cinema americano: Roger Avary (Killing Zoe, 1994), James Gray (Little Odessa, 1994), Henry Selick (The Nightmare Before Christmas, 1995), Doug Liman (Swingers, 1996), Andy e Larry Wachowski (Bound, 1996), James Mangold (Copland, 1997) Guillermo Del Toro (Mimic, 1997) e Bryan Singer (Apt Pupil, 1998). Ma è anche da ricordare, fra le innovazioni portate da Pontecorvo, la sezione Finestra sulle immagini, vivacissimo laboratorio di film e video, corti, medi e lunghi, animazione, su tutto ciò che di nuovo e di inusuale offriva la produzione mondiale audiovisiva. Tra gli eventi più importanti presentati in questa sezione ricordiamo il passaggio nel 1996 di Ghost in the Shell, di Mamoru Oshii, capolavoro dell’animazione nipponica destinato a sviluppare negli anni un vero e proprio culto. Importante anche la presentazione nel 1995 di Al di là delle nuvole, il film che segna il ritorno dietro la macchina da presa di Michelangelo Antonioni (assieme a Wim Wenders).

Sotto la direzione di Felice Laudadio si rivela internazionalmente il cinema di Takeshi Kitano, che si aggiudica il Leone d’oro nel 1997 con Hana-bi. E nel 1998 Così ridevano di Gianni Amelio è il nono Leone d’oro assegnato a un film italiano. Significativi poi i passaggi per Figgis (One night stand), Rohmer (Conte d’automne), Kusturica (Crna macka, beli macor – Gatto nero, gatto bianco) e Paskaljevic (Bure baruta – La polveriera). Per il cinema italiano si segnalano Roberta Torre, Giuseppe M. Gaudino e Alessandro d’Alatri. In questi anni viene realizzato anche il progetto di un’ampia tensostruttura in Via Sandro Gallo (che si chiamerà dapprima PalaLido fino al nome odierno PalaBiennale) per ospitare il pubblico sempre più numeroso alle proiezioni dei film.

Anni Duemila

Nel 2000, accanto allo storico Palazzo del Cinema, viene ristrutturata e ampliata la Sala Perla (580 posti). Nel 2001 i posti del PalaBiennale vengono portati a 1700 e gli spazi al Palazzo del Casinò riservati ai giornalisti e ai professionisti del mondo del cinema sono ampliati, per una superficie complessiva di 11.000 mq.

Alberto Barbera, direttore della Mostra dal 1999 al 2001, crea inoltre nel 2001, accanto al tradizionale concorso, la sezione competitiva Cinema del Presente. La sua è una doppia scommessa: accanto al Leone d’oro appare il Leone dell’Anno, che intende valorizzare film d’esordio e lungometraggi dai margini, ma anche opere che si misurano con i generi e la produzione corrente, con intenti d’innovazione e di originalità creativa. Anche in queste edizioni si conferma la capacità della Mostra di segnalare all’attenzione internazionale i nuovi talenti del cinema americano: si mettono in luce Spike Jonze (Being John Malkovich, 1999), Christopher Nolan (Memento, 2000), Kimberly Peirce (Boys Don’t Cry, 1999), Alejandro Amenabar (The Others, 2001), Larry Clark (Bully, 2001), David Fincher (Fight Club, 1999), Antoine Fuqua (Training Day, 2001), Albert e Allen Hughes (From Hell, 2001), Harmony Korine (Julien Donkey-Boy, 1999) e Tarsem Singh (The Cell, 2000). Ma non mancano gli eventi speciali capaci di attirare il grande pubblico, come la presentazione del film postumo di Stanley Kubrick Eyes Wide Shut (con la presenza al Lido della coppia protagonista Cruise-Kidman), o come la visione in anteprima del film-documentario di Martin Scorsese sul cinema italiano Il mio viaggio in Italia. Sono anche anni di rinnovamento per il cinema italiano, con giovani registi che si mettono in luce con i loro lavori (Maderna, Garrone, Scimeca, Marra, Bechis). Tutti provenienti da Oriente i Leoni d’oro assegnati durante la direzione Barbera: Yi ge dou bu neng shao (Non uno di meno) di Zhang Yimou, Dayereh (Il cerchio) di Jafar Panahi e Monsoon Wedding di Mira Nair.

L’edizione del 2002, diretta da Moritz de Hadeln, anche se organizzata in pochi mesi, riesce a offrire un ampio panorama del cinema mondiale, presentando film di autori già affermati (Kitano, Leconte, Soderbergh, Koncalovskij), confermando il talento di giovani registi (Mendes, de Heer, Haynes), ma proponendo anche nomi nuovi come quelli di Daniele Vicari (Velocità massima) e Chang-dong Lee (Oasis), rappresentante di quel cinema coreano che si presenta come una delle realtà più interessanti del panorama mondiale. Il film collettivo sull’attentato al World Trade Center dell’11 settembre 2001 (11’09”01 – September 11th, uno degli eventi speciali) attira l’attenzione internazionale, come del resto il film premiato col Leone d’oro, The Magdalene Sisters di Peter Mullan.

L’edizione 2003 si apre con Anything Else, il nuovo film di Woody Allen, che per la prima volta si presenta al Lido per l’anteprima di un suo film. Oltre a lui, quell’anno sono state molte le star di Hollywood ad apparire a Venezia: da George Clooney e Catherine Zeta-Jones (Intolerable Cruelty, dei fratelli Coen), a Sean Penn (premiato con la Coppa Volpi come migliore attore) e Naomi Watts (21 Grams), da Anthony Hopkins (The Human Stain), Salma Hayek e Johnny Depp (Once upon a time in Mexico), da Bill Murray (Lost in Translation) a Tim Robbins (Code 46), a Nicolas Cage (Matchstick Men, il nuovo film di Ridley Scott). Nel concorso ufficiale il Leone d’oro va a Vozvrašcenje (Il ritorno), del giovane cineasta russo Andrej Zvjagintsev, capace di aggiudicarsi anche il premio Leone del Futuro per la migliore opera prima. Il cinema italiano ha ricevuto gli apprezzamenti di critica e pubblico, sia per le opere di registi già affermati (Bertolucci con The Dreamers e Bellocchio con Buongiorno, notte), sia soprattutto per i film di giovani registi come Edoardo Winspeare (Il Miracolo), Gianluca Maria Tavarelli (Liberi) e Salvatore Mereu (Ballo a tre passi, presentato nella Settimana Internazionale della Critica). La selezione dei film si è distinta per la ricchezza dei film europei e asiatici, con l’area del Mediterraneo a fare da luogo d’incontro/scontro tra le due differenti culture. Si sono visti i film di Amos Gitai (Alila), Randa Chahal Sabbaq (Le cerf-volant, Leone d’argento), Takeshi Kitano (Zatoichi, premio speciale per la regia), Jacques Doillon (Raja), Tsai Ming-Liang (Bu San), fino al fuori concorso Monsieur Ibrahim et les fleurs du Coran, che è stata l’occasione per celebrare Omar Sharif, vincitore del Leone d’oro alla carriera insieme al produttore Dino de Laurentiis. La sezione Controcorrente, voluta dal direttore della Mostra Moritz de Hadeln a partire dall’edizione 2002, si è distinta quest’anno per l’estrema vitalità dei film presentati, tra i quali si sono distinti quelli di Hiner Saleem (Vodka Lemon, premio San Marco), Sofia Coppola (Lost in Translation), John Sayles (Casa de los babys), Michael Schorr (Schultze gets the blues), Lars Von Trier e Jorgen Leth (The Five Obstructions), e Daniele Ciprì e Franco Maresco (Il ritorno di Cagliostro). Infine, sono da segnalare alcuni eventi speciali, come l’omaggio al blues attraverso 4 film prodotti da Martin Scorsese, diretti da alcuni importanti registi (lo stesso Scorsese, Mike Figgis, Marc Levin, Richard Pearce).

L’edizione 2004 è stata diretta da Marco Müller. Tra le novità introdotte da Müller, la sezione Cinema Digitale, dedicata alle nuove possibilità espressive rese disponibili dalla diffusione delle tecnologie digitali. Particolare interesse ha suscitato il primo segmento della Storia segreta del cinema italiano, un progetto su alcuni film di genere degli anni 60-70, intitolato “Italian Kings of the B’s”; dopo la Mostra, la rassegna è stata parzialmente ripresentata a Tokio e a Milano. L’edizione 2004 ha premiato con il Leone d’oro alla carriera i registi Manoel de Oliveira e Stanley Donen, e ha assegnato il Leone d’oro per il miglior film a Vera Drake di Mike Leigh.

Anche l’edizione 2005 è stata diretta da Marco Müller, e ha portato al Lido registi e star del calibro di Tsui Hark, George Clooney, Steven Soderbergh, Ang Lee, Jeremy Irons, Monica Bellucci, Susan Sarandon, Russell Crowe, Renée Zellweger, Ron Howard, Isabelle Huppert, Anthony Hopkins, Abel Ferrara, Stefania Rocca, John Turturro, Charlotte Rampling, Tim Burton, Emmanuelle Seigner, Ralph Fiennes, Valeria Golino, e molti altri. La sezione di restauri e riproposte è stata dedicata alla Storia segreta del cinema asiatico, i Leoni alla Carriera sono stati Hayao Miyazaki e Stefania Sandrelli, mentre Brokeback Mountain di Ang Lee ha vinto il Leone d’oro.

Anche per il 2006 (terza direzione per Müller), la Mostra ha proposto stelle e mondanità. Tra le star più amate che hanno sfilato sul tappeto rosso di Venezia, Ben Affleck, Sabine Azema, Juliette Binoche, Kenneth Branagh, Adrien Brody, Sandra Bullock, Sergio Castellitto, Jackie Chan, Paola Cortellesi, Lucio Dalla, Laura Dern, Aaron Eckhart, Emilio Estevez, Charlotte Gainsbourg, Alessandro Gassman, Josh Hartnett, Anne Hathaway, Ethan Hawke, Bob Hoskins, Jeremy Irons, Scarlett Johansson, Mia Kirshner, Diane Lane, Lindsay Lohan, Helen Mirren, Laura Morante, Clive Owen, Catalina Sandino Moreno, Christian Slater, Meryl Streep, Stanley Tucci, Rachel Weisz, James Wilby, Lambert Wilson, Zhang Ziyi. Due le sezioni retrospettive: la Storia segreta del cinema russo e il cinema di Joaquim Pedro de Andrade. Il Leone d’oro alla carriera è stato assegnato a David Lynch, mentre Jia Zhangke ha vinto il Leone d’oro per il miglior film con Sanxia Haoren (Still Life).

Nel 2007 la Mostra di Venezia compie 75 anni, e l’edizione, diretta da Marco Müller, viene dedicata a questa significativa ricorrenza. Al regista Alexander Kluge, nato anch’egli nel 1932 e vincitore di due Leoni d’oro e di un Leone d’argento, viene chiesto di ripercorrere con un programma speciale gli ultimi 75 anni di storia del cinema. Un premio speciale, il Leone d’oro del 75°, viene istituito per l’occasione e attribuito a Bernardo Bertolucci. Gli altri premi maggiori vanno a Tim Burton, Leone d’oro alla carriera, e ad Ang Lee, che per la seconda volta nelle ultime tre edizioni vince il Leone d’oro per il miglior film con Lussuria. Il cantiere di riproposte e restauri, Storia segreta del cinema italiano, viene dedicato al Western all’italiana e ripropone 40 celebri spaghetti westerns. Affollato di star, come sempre, il red carpet di Venezia: Keira Knightley, James McAvoy, Adrien Brody, Jude Law, Brad Pitt, George Clooney, Tilda Swinton, Susan Sarandon, Richard Gere, Fanny Ardant, Nikita Mikhalkov, Colin Farrell, Ewan McGregor, Takeshi Kitano, Rutger Hauer, Daryl Hannah, Charlize Theron, per citare qualche nome.

L’edizione 2008 della Mostra, sempre guidata da Marco Müller, premia Ermanno Olmi con il Leone d’oro alla carriera. In continuità con il recupero del cinema italiano “invisibile”, cominciato nel 2004, rilevante è la retrospettiva Questi fantasmi: Cinema italiano ritrovato (1946-1975) curata da Tatti Sanguineti e Sergio Toffetti; in programma la proiezione di una trentina di opere del trentennio più fiammeggiante della storia del nostro cinema. Sempre molto nutrita la presenza di star, tra gli altri: Mickey Rourke, Charlize Theron, Silvio Orlando, Francesca Neri, Isabella Ferrari, Anne Hathaway, Valerio Mastandrea, Stefania Sandrelli, George Clooney, Brad Pitt. La giuria internazionale di Venezia 65, presieduta da Wim Wenders, assegna il Leone d’oro per il miglior film a The Wrestler di Darren Aronofsky.

Nel 2009 la Mostra di venezia, diretta da Marco Müller, premia col Leone d’oro alla carriera John Lasseter e i registi della Disney•Pixar. Prosegue la retrospettiva sul cinema italiano con Questi fantasmi 2: Cinema italiano ritrovato (1946-1975) curata da Sergio Toffetti. Alle sezioni ufficiali si aggiunge Controcampo italiano, che intende fare il punto sulle nuove linee di tendenza del nostro cinema. La giuria internazionale di Venezia 66, presieduta da Ang Lee, assegna il Leone d’oro per il miglior film a Lebanon di Samuel Maoz. Tra le star presenti alla Mostra: Colin Firth, Tom Ford, Julianne Moore, George Clooney, Tilda Swinton, Giuseppe Tornatore, Sergio Castellitto, Eva Mendes, Nicolas Cage, Werner Herzog, Michael Moore, Riccardo Scamarcio, Diane Kruger, Isabelle Huppert, Viggo Mortensen, Jacques Rivette, Jane Birkin.

Nel 2010, alla presenza del Presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, la 67. Mostra si apre con il film Black Swan, scritto e diretto dal regista statunitense Darren Aronofsky. Sempre nella giornata di apertura, a 10 anni di distanza dalla scomparsa di Vittorio Gassman la Mostra gli rende omaggio con la proiezione di Vittorio racconta Gassman, film-confessione ricchissimo d’inediti. Il Leone d’oro alla carriera della Biennale va al maestro del cinema di Hong Kong, John Woo, premiato sul palco da Tarantino e Tsui Hark. La Giuria presieduta da Quentin Tarantino assegna il Leone d’oro per il miglior film a Somewhere di Sofia Coppola. Tra le altre stelle e maestri presenti al Lido, Natalie Portman, Vincent Cassel, Jessica Alba, Elle Fanning, Stephen Dorff, Ben Affleck, Jon Hamm, Rebecca Hall, Vincent Gallo, Willem Dafoe, Catherine Deneuve, Helen Mirren, Paul Giamatti, Rosamund Pike, John Turturro, Monte Hellman, Takashi Miike, Marco Bellocchio, Gabriele Salvatores, Mario Martone, Alessandro Gassmann, Kim Rossi Stuart, Cristiana Capotondi. Novità di questa edizione, l’apertura a opere fuori-formato della sezione Orizzonti, che diventa così riferimento per il cinema più innovativo e sperimentale, contaminato anche dalle altre arti. La retrospettiva, intitolata La situazione comica (1937-1988), è dedicata al cinema comico italiano, in particolare ai suoi protagonisti (e in particolare ai grandi dimenticati).

Nel 2011, grazie a un accordo con il Comune di Venezia, la storica Sala Grande (1937) del Palazzo del Cinema viene rinnovata attraverso un completo restauro ispirato al suo stile originario. Tutto il percorso che va dall’Hotel Excelsior al Casinò viene riallestito e riqualificato, incluso il Lion’s Bar con un intervento di design. The Ides of March, scritto, diretto e interpretato da George Clooney, è il film di apertura della 68. Mostra. Al regista italiano Marco Bellocchio viene attribuito il Leone d’oro alla carriera della Biennale, che gli viene consegnato da Bernardo Bertolucci. All’attore e regista statunitense Al Pacino è attribuito il premio Jaeger-LeCoultre Glory to the Filmmaker. La giuria presieduta da Darren Aronofsky assegna il Leone d’oro al film Faustdel regista russo Aleksander Sokurov. Tra le altre stelle e maestri presenti al Lido, Philip Seymour Hoffman, Paul Giamatti, Evan Rachel Wood, Kate Winslet, Christoph Waltz, Madonna, Abbie Cornish, Keira Knightley, Viggo Mortensen, Michael Fassbender, Monica Bellucci, Louis Garrel, Gwyneth Paltrow, Matt Damon, Laurence Fishburne, James Franco, Jessica Chastain, Gary Oldman, Colin Firth, Benedict Cumberbatch, Willem Dafoe, Emile Hirsch, David Cronenberg, Steven Soderbergh, Abel Ferrara, Johnnie To, William Friedkin. La retrospettiva intitolata Orizzonti 1961-1978 è dedicata al cinema italiano di ricerca anni ’60-’70, con opere di autori quali Carmelo Bene, Mario Schifano, Alberto Grifi, Paolo Brunatto, Augusto Tretti.

Gli ultimi anni

La 69. Mostra nel 2012 vede il ritorno alla direzione di Alberto Barbera e si caratterizza per alcune importanti novità: l’avvio del progetto Biennale College – Cinema, laboratorio di alta formazione aperto ai giovani filmmaker di tutto il mondo per la produzione di film a basso costo, e la creazione del Venice Film Market, concentrato nei primi giorni e allestito in appositi spazi all’Hotel Excelsior. Nell’ambito della riqualificazione – svolta d’intesa col Comune di Venezia – delle strutture della Mostra che ha visto nel 2011 il restauro della Sala Grande, viene realizzato un nuovo, più ampio e funzionale foyer del Palazzo del Cinema per l’accoglienza del pubblico. L’intervento prevede anche il rinnovo delle due salette storiche Pasinetti e Zorzi, con un ampliamento complessivo di 50 posti.

In occasione dell’80mo anniversario della Mostra (1932-2012), la retrospettiva viene intitolata «80!» e presenta copie uniche di film considerati perduti, provenienti dalle collezioni dell’ASAC. A completamento della retrospettiva «80!», viene presentata una selezione di film classici restaurati, denominata Venezia ClassiciThe Reluctant Fundamentalist, diretto dalla regista indiana Mira Nair, è il film di apertura della 69. Mostra. Il Leone d’oro alla carriera della Biennale è attribuito al regista e sceneggiatore italiano Francesco Rosi, premiato sul palco da Giuseppe Tornatore. Per l’occasione viene proiettata la copia restaurata del suo capolavoro Il caso Mattei (1972). La Giuria del Concorso Venezia 69, presieduta da Michael Mann, assegna il Leone d’oro al film Pieta di Kim Ki-duk e il Leone d’Argento e la coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile rispettivamente a The Master di Paul Thomas Anderson e ai suoi due protagonisti Philip Seymour Hoffman e Joaquin Phoenix. Tra le altre stelle e maestri presenti al Lido, Robert Redford (per la prima volta al Lido), Michael Cimino (Premio Persol), Spike Lee (Premio Jaeger-LeCoultre Glory to the Film-maker), Brian De Palma, Jonathan Demme, Kate Hudson, Liev Schreiber, Winona Ryder, Michael Shannon, Ray Liotta, Pierce Brosnan, Michael Fassbender, Isabelle Huppert, Claudia Cardinale, Noomi Rapace, Kristin Scott Thomas, Olga Kurylenko, Emmanuelle Seigner, Takeshi Kitano, Peter Brook, Liliana Cavani, Marco Bellocchio, Toni Servillo, Valerio Mastandrea, Barbora Bobulova e giovani teen-idols come Selena Gomez, Vanessa Hudgens, Zac Efron, James Franco, Shia LaBeouf.

Per celebrare la sua 70a edizione, la Mostra del 2013, diretta da Alberto Barbera, dà vita al progetto speciale Venezia 70 – Future Reloaded. 70 registi di tutto il mondo realizzano un cortometraggio di durata compresa fra 60 e 90 secondi, in totale libertà creativa. Tutti i cortometraggi sono proiettati al pubblico per la prima volta al Lido durante la 70. Mostra, e in seguito pubblicati sul sito web della Biennale www.labiennale.org in una nuova e specifica pagina dedicata alla storia della Mostra, con l’aggiunta di fotografie rare e documenti unici conservati dall’Archivio Storico della Biennale (Asac), nonché da 40 “pillole” tratte dai filmati d’epoca conservati dall’Archivio Storico Istituto Luce Cinecittà (e proiettati alla Mostra prima dei film delle Selezione ufficiale). Durante l’edizione 2013 sono presentati con successo i 3 lungometraggi di Biennale College – Cinema, laboratorio di alta formazione aperto ai giovani filmmaker di tutto il mondo per la produzione di film a basso costo, lanciato alla Mostra 2012. Vengono inoltre annunciati i 12 progetti della 2a edizione di Biennale College – Cinema 2013/14. Successo anche per la 2a edizione del Venice Film Market, allestito in appositi spazi all’Hotel Excelsior, che vede la partecipazione di 246 distributori di primaria importanza. Nell’ambito della riqualificazione delle strutture storiche della Mostra – svolta d’intesa col Comune di Venezia – al Palazzo del Casinò viene realizzata una nuova sala da 150 posti (Sala Casinò) ed è ampliata e migliorata tecnologicamente la Sala stampa.

Gravity, diretto da Alfonso Cuarón e interpretato da Sandra Bullock e George Clooney, è il film d’apertura in 3D. Il Leone d’oro alla carriera è attribuito al regista statunitense William Friedkin. La Giuria del Concorso Venezia 70, presieduta da Bernardo Bertolucci, assegna il Leone d’oro al film Sacro GRA del regista italiano Gianfranco Rosi. Il Leone d’argento per la miglior regia è assegnato a Alexandros Avranas per Miss Violence (Grecia), il Gran Premio della Giuria a Jiaoyou di Tsai Ming-liang (Taipei cinese). La Coppa Volpi maschile è attribuita a Themis Panou per Miss Violence(Grecia), quella femminile a Elena Cottaper Via Castellana Bandieradi Emma Dante. Il maestro del cinema italiano Ettore Scola riceve il Premio Jaeger-LeCoultre Glory to the Film-maker. Per l’occasione viene proiettato il suo film, Che strano chiamarsi Federico, omaggio a Federico Fellini a 20 anni dalla scomparsa, alla presenza del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Tra gli altri maestri e stelle presenti al Lido, Andrzej Wajda (Premio Persol, consegnato alla presenza di Lech Walesa), Paul Schrader, Bret Easton Ellis, Mia Wasikowska, Nicolas Cage, Tye Sheridan, Jesse Eisenberg, Dakota Fanning, Judi Dench, Steve Coogan, James Franco, Scott Haze, Tom Welling, Daniel Radcliffe, Tom Hardy, Scarlett Johansson, Errol Morris, Terry Gilliam, Stephen Frears, Amos Gitai, Kim Ki-duk, Patrice Leconte, Pablo Larraín, Sion Sono, Edgar Reitz, Tsai Ming-liang, Wang Bing, Philippe Garrel, Anna Mouglalis, Louis Garrel, Rebecca Hall, Alan Rickman, Richard Madden, Carrie Fisher, Martina Gedeck, Virginie Ledoyen, Catalina Sandino Moreno, Jiang Wen, Ken Watanabe, Ryuichi Sakamoto, Gianni Amelio, Alba Rohrwacher, Antonio Albanese, Giuseppe Battiston, Anita Caprioli, Marco Paolini, Carlo Verdone.

Nel 2014, grazie a un accordo con il Comune di Venezia, la Sala Darsena è completamente rinnovata e ampliata da 1300 a 1409 posti. L’inaugurazione avviene il 26 agosto, in occasione alla pre-apertura della 71. Mostra dedicata al centenario della Prima Guerra Mondiale, con la proiezione di Maciste alpino (1916), di Luigi Maggi e Luigi Romano Borgnetto (supervisione alla regia di Giovanni Pastrone) in nuova copia restaurata. Birdman o Le imprevedibili virtù dell’ignoranza diretto da Alejandro González Iñárritu, con Michael Keaton, è il film di apertura della 71. Mostra, proiettato alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. I Leoni d’oro alla carriera sono attribuiti alla montatrice statunitense Thelma Schoonmaker e al cineasta statunitense Frederick Wiseman. La Giuria del Concorso Venezia 71, presieduta da Alexandre Desplat, assegna il Leone d’oro al film En duva satt på en gren och funderade på tillvaron (A Pigeon Sat On A Branch Reflecting On Existence) di Roy Andersson. L’attore, regista, sceneggiatore e produttore James Franco riceve il Jaeger-LeCoultre Glory to the Filmmaker Award 2014. Nell’occasione è proiettato, Fuori Concorso, The Sound and the Fury, il nuovo film scritto, diretto e interpretato da James Franco. All’attrice statunitense Frances McDormand è assegnato il Persol Tribute to Visionary Talent Award 2014. Nell’occasione è proiettato, Fuori Concorso, Olive Kitteridge interpretato da Frances McDormand e diretto da Lisa Cholodenko.

Tra gli altri maestri e stelle presenti al Lido, Al Pacino, Catherine Deneuve, Michel Piccoli, Charlotte Gainsbourg, Chiara Mastroianni , Edward Norton, Emma Stone, Andrew Garfield, Ethan Hawke, Viggo Mortensen, Michael Shannon, Abel Ferrara, Willem Dafoe, Owen Wilson, Andrea Riseborough , Stellan Skarsgård, Tahar Rahim, Maria De Medeiros, Anna Mouglalis, Elio Germano, Riccardo Scamarcio, Luca Zingaretti, Milla Jovovich, Ryô Kase, Anton Yelchin, Ashley Greene, Alexandra Daddario, Shinya Tsukamoto, Wang Xiaoshuai, Amos Gitai, Peter Bogdanovich, Peter Ho-Sun Chan, Ann Hui, Im Kwontaek, Barry Levinson, Hong Sangsoo, Fatih Akin, David Gordon Green, Andrew Niccol, Benoît Jacquot, Xavier Beauvois, Ulrich Seidl, Aléx de la Iglesia, Ami Canaan Mann, Michael Almereyda. Sono presentati con successo i 3 lungometraggi di Biennale College – CinemaH. di Rania Attieh e Daniel Garcia, Blood Cells di Luke Seomore e Joseph Bull, e Short Skin di Duccio Chiarini. Biennale College – Cinema è un laboratorio di alta formazione aperto ai giovani filmmaker di tutto il mondo per la produzione di film a basso costo, lanciato alla Mostra 2012. Vengono inoltre annunciati i 12 progetti della 3a edizione di Biennale College – Cinema 2014/15. Successo anche per la 3a edizione del Venice Film Market, allestito in appositi spazi all’Hotel Excelsior.

 

Ilaria Rebecchi è una giornalista veneta appassionata ed esperta di comunicazione a 360°.
Ama parlare, scrivere e raccontare storie, soprattutto se riguardano ciò che è bello, dalle arti alle idee e ai personaggi.
Multitasking creativa dal digitale alla carta stampata, è anche copywriter e digital strategist con nel cuore la critica musicale e cinematografica.

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